Evidence-based & Behavioural public policy

 

 

Cresa Evidence

La progettazione di politiche economiche e pubbliche tradizionalmente ha tralasciato due importanti fattori. Da un lato, si è fatto scarso utilizzo dei risultati ottenuti dalle scienze comportamentali (behavioral sciences). Dall’altro, non si è riusciti a sfruttare la forza del metodo sperimentale. La prassi è stata piuttosto quella di seguire la linea tracciata dalla teoria economica neoclassica, che vede ogni individuo come un razionale calcolatore della propria utilità attesa. Questo modello astratto, che alla luce dei recenti risultati sperimentali mal si adatta ai reali meccanismi di scelta degli esseri umani, ha portato, nel policy making, a regolare i comportamenti dei cittadini per lo più tramite la modifica di incentivi economici, l’utilizzo di divieti e di regolamentazioni, la distribuzione di informazione.

A partire dagli ultimi cinque anni la fertile combinazione di due approcci innovativi tenta di trasformare questo panorama. La rivoluzione nudge mostra come far leva sui fattori cognitivi-comportamentali che influenzano le decisioni per promuovere comportamenti virtuosi, indirizzando la libertà di scelta degli individui, senza limitarla. L’evidence-based policy introduce la sperimentazione per valutare quali politiche effettivamente funzionino e quali no, sulla base dell’evidenza data dai risultati raccolti, sottraendo il disegno di public policy agli sterili dibattiti ideologici.

 

Esperimenti e politiche pubbliche

Il nostro scopo è identificare i risultati delle scienze cognitive e comportamentali che hanno una particolare efficacia per le politiche di regolamentazione, quindi adattarli caso per caso, metterli in pratica e vedere se funzionano. Le Behavioral Sciences come guida per formulare ipotesi d’ intervento; l’evidenza degli studi controllati randomizzati come prova di efficacia. Proprio come si fa per la ricerca clinica e farmaceutica, anche per le politiche sociali si pone sempre più la necessità di controllare l’ incisività dei diversi trattamenti possibili. Un approccio semplice e rivoluzionario al tempo stesso, che promette di avvicinare l’economia politica alle altre scienze che “funzionano”. Piccoli, poco costosi, ben congegnati e trasparenti “elementi architettonici” all’interno dei contesti di scelta possono condurre a scelte virtuose a vantaggio della società, in ambiti come la salute e il benessere, l’ambiente e la sostenibilità, le pensioni e i piani di risparmio, la semplificazione della burocrazia, l’educazione e il lavoro, il welfare e il trasporto pubblico.

 

Aspetti epistemologici: quale evidenza?

L’unione di evidenza, sperimentazione, metodi quantitativi, scienze comportamentali pone nuove e importanti sfide all’epistemologia sperimentale e applicata nelle politiche pubbliche e nelle scienze sociali. Di quale “evidenza” abbiamo bisogno per un’efficace evidence-based policy? Qual è il rapporto tra evidenza causalità? Come facciamo a decidere quanta evidenza abbiamo e come facciamo a valutarla? Gli studi controllati randomizzati sono davvero il gold standard del metodo sperimentale, oppure è preferibile un approccio metodologico pluralista? E’ possibile formulare un framework operativo e pratico da mettere a disposizione dei policy makers e delle istituzioni, in grado di superare problemi come quello della validità esterna dei dati sperimentali e della generalizzabilità dei risultati? Quali sono i limiti metodologici ed etici dell’utilizzo dei “pungoli cognitivi”? Quali sono le prospettive future delle politiche pubbliche ed economiche basate sull’evidenza?

In diretto collegamento con questo progetto di ricerca è stato avviato il progetto “Sburocratizzare l’Italia”, ed è stato finanziato un assegno di ricerca: “Brain & Behavioural Sciences and Evidence-based Policy: Epistemology, empirical evidence and application”.

 

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