Neurobiologia dell’irrazionalità

Cresa Irrazionalità

Se la nostra mente fosse governata esclusivamente da processi di tipo riflessivo e deliberato, e il nostro cervello costituito dalla sola corteccia prefrontale (quella parte, cioè, che più di tutte ci differenzia dai rettili e dagli altri mammiferi, dove hanno sede le facoltà cognitive “superiori”), allora la microeconomia tradizionale potrebbe anche essere una buona teoria delle scelte reali. Ma così non è. Nell’ultimo decennio le neuroscienze cognitive hanno cominciato a svelare i nostri più intimi istinti economici quando traffichiamo con il rischio e l’incertezza, con i guadagni e le perdite, quando interagiamo con gli altri, cooperando o defezionando, fidandoci di loro oppure punendoli per aver agito violando una norma sociale.

Questo progetto investiga la fondatezza neurobiologica di alcuni dei presupposti al centro dell’analisi economica. Lo fa partendo da una delle più affascinanti scoperte della neurobiologia della decisione: il processo decisionale non è riducibile a un modello logico ipotetico che, teoricamente, permette ad agenti onniscienti di individuare una o più opzioni ottimali in funzione degli obbiettivi che si sono prefissati, è piuttosto il risultato di un’incessante interazione tra processi automatici e processi deliberati, tra affetti e cognizione dove l’esito finale non è necessariamente la “massimizzazione dell’utilità”. Questo è quanto emerge dallo studio delle specificità anatomofisiologiche del nostro cervello così come consentito dalle tecniche di neuroimaging.

La neurobiologia dell’irrazionalità indaga fenomeni quali: l'”avversione alle perdite”,  le bolle speculative,  il ruolo degli incentivi monetari, il peso delle passate decisioni sulle future, il grado di fiducia che riponiamo nella correttezza di una data decisione.

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