Simone Iaffaldano

 

 

Dottorando in Filosofia della Scienza presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, Simone si occupa di scienze della motivazione, economia cognitiva e psicologia delle decisioni. Al San Raffaele ha ottenuto la laurea magistrale con lode, sviluppando un approccio comportamentale alle scienze della motivazione.

 

                      Perché offrire ricompense non è sempre la strategia migliore per motivare le persone? In fatto di motivazione, una delle convinzioni più difficili da sradicare è la seguente: se vuoi far fare qualcosa a un individuo, pagalo; se non vuoi fargli fare qualcosa, multalo o tassalo. Eppure, le cose non sempre stanno così. Se ad una persona che ama andare in palestra viene dato un premio monetario per ogni volta che completa un allenamento, il suo interesse nei confronti di questa attività potrebbe diminuire e la qualità dei suoi allenamenti peggiorare. Allo stesso modo, offrire bonus a lavoratori che già trovano piacevoli le loro mansioni, può portare i lavoratori stessi a esperire meno interesse relativamente ai loro compiti. Questo fenomeno, del tutto controintuitivo, prende il nome di overjustification effect: conferire ricompense estrinseche (come premi o denaro) in corrispondenza di attività già di per loro piacevoli o motivanti, porta gli individui a perdere interesse nei confronti di quella stessa attività. Più che su premi e ricompense, per alimentare la motivazione è opportuno strutturare strategie che facciano leva su una specifica configurazione del rapporto tra esecuzione di una attività e sue finalità, mirando a soddisfare i bisogni psicologici fondamentali di autonomia, competenza e relazione. Dall’efficacia di questi interventi dipende la possibilità di un mondo più felice: maggiore è infatti la motivazione nel fare ciò che facciamo, migliore sarà il nostro benessere psicologico e le nostre prestazioni.Share Button
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