Di meno è meglio (e risolve spesso) anche in medicina”, Il Corriere della Sera, 24.6.2021.

3 Ottobre 2021 ArticoliDicono di noi

di Matteo Motterlini

Perché è tutto così complicato? A quanto pare per colpa di una tendenza sistematica (bias) della nostra mente nel risolvere problemi: quando vogliamo migliorare un oggetto, un’idea o una situazione, infatti, non riusciamo a vedere che la soluzione corretta consiste nel rimuovere qualcosa, ma ci focalizziamo solo su ciò che può essere aggiunto. Lo mostra una ricerca su Nature di Gabrielle Adams e colleghi dell’università della Virginia (“People systematically overlook subtractive changes”), attraverso una batteria di piccoli esperimenti come questo: ai partecipanti è presentata una struttura asimmetrica in mattoncini Lego e si chiede loro di stabilizzarla in modo da reggere il peso di un mattone. questa rudimentale prova di carico riceve un premio in denaro, ridotto tuttavia del 10 per cento per ogni nuovo pezzo aggiunto alla struttura. La soluzione più razionale e profittevole sarebbe quella di togliere il pezzo superfluo che determina l’asimmetria della struttura senza aggiungere alcunché, intascandosi così l’intero premio. Nonostante ciò, la netta maggioranza dei partecipanti sceglie di aggiungere ulteriori mattoncini – chi solo uno, chi anche di più. Tutti gli esperimenti hanno mostrato risultati simili, scoprendo così l’esistenza di un nuovo “bias dell’addizione”.

In questa ottica si apprezza anche l’importanza di recenti iniziative internazionali come Too Much Medicine o Choosing Wisely che ci mettono in guardia dai rischi per la salute di sovra diagnosi e sovra trattamenti: “fare di più” non significa “fare meglio”. Eppure per la nostra mente sottrarre elementi alla complessità viene meno naturale che aggiungerne.

Ma è proprio vero che se conosci le trappole mentali le eviti? Anche a questo i ricercatori della Virginia hanno provato a dare una risposta, chiedendosi da dove scaturisse questa propensione a “complicarci” la vita. La realtà è che siamo ben in grado di dare il giusto valore a una semplificazione, solo che non ci pensiamo nel momento in cui dovremmo farlo! In una variante dello stesso esperimento, infatti, veniva esplicitamente ricordata la possibilità di togliere qualche elemento (per esempio mostrando il promemoria “di meno è di più”), ed ecco che molti dei partecipanti identificavano la strategia giusta – togliere un pezzo anziché aggiungerne altri. Il bias quindi non risiede tanto nel modo in cui giudichiamo una soluzione, quanto in un difetto di immaginazione quando la dobbiamo scovare. Un po’ come se la soluzione per sottrazione fosse nascosta in un cono d’ombra; ma, puntandoci consapevolmente la torcia della nostra attenzione, siamo del tutto capaci di confrontarla con le soluzioni basate sull’addizione e riconoscerne i benefici.

Dunque, la cattiva notizia è che semplificare non è intuitivo; la buona è che ora sappiamo che possiamo far fronte a questa distorsione cognitiva richiamando l’attenzione sulla possibilità di sottrarre il superfluo anziché aggiungere qualcosa di nuovo. In breve, dovremmo imparare a usare più la gomma e meno la matita. Anche questo articolo avrebbe potuto essere migliore, se solo avessi prestato più attenzione a tagliare qualcosa.

Di meno è meglio, Corriere 24.6.2021

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