Matteo Motterlini, filosofo ed economista, direttore del Cresa all’ Università San Raffaele, studia da anni l’irrazionalità umana e i modi in cui prendiamo (o ci fanno prendere) le nostre decisioni. È autore di saggi divulgativi editi da Rizzoli, fra cui Economia emotiva(2006), Trappole mentali(2008) e Psicoeconomia di Charlie Brown(2015). Gli abbiamo chiesto di spiegarci le basi della mentalità complottistica.
Le “trappole mentali” sono un retaggio della nostra evoluzione. Ma non sono affatto diminuite nel corso del tempo. Come mai?
Non c’è dubbio che l’informazione nell’era di google, dei social network e delle fake news rappresenti un detonatore di irrazionalità e ci rende particolarmente vulnerabili alle trappole mentali. Si tratta di virus “cognitivi” per cui non ci siamo ancora dotati di anticorpi e per cui non si intravede ancora un vaccino in grado di arrestare l’epidemia.
Partiamo proprio dai vaccini, intendo quelli veri, uno dei casi più esemplari del successo della scienza. Quale maledetto trabocchetto della mente sta dietro alla decisione irrazionale di non vaccinare i propri figli?
In generale preferiamo avere ragione anziché torto. Siamo cioè bravissimi a cercare l’evidenza che confermi le nostre teorie, e siamo spesso ciechi verso l’evidenza che le smentisce. Peccato però che sia proprio l’evidenza di tipo falsificante, cioè potenzialmente in contraddizione con le nostre credenze, quella che distingue la scienza dalla pseudoscienza. Per esempio, si sa che le persone tendono a leggere il quotidiano in accordo con le proprie idee, e chi è su Facebook si circonda di “amici” che la pensano come lui. Quindi: ci formiamo un’opinione, per esempio che i vaccini causino autismo; poi cerchiamo prove a suo favore. A questo punto è difficilissimo riuscire a mostrare a qualcuno che ha torto. Si è visto sperimentalmente che se si presentano dei dati allo scopo, le persone tendono in tutti i modi a selezionare solo quei dati che “confermano” la loro opinione; e, dove non ci sono dati a favore, arrivano persino inventarli di sana pianta. Il che spiega anche il pernicioso e inarrestabile successo delle fake news.
L’effetto è addirittura peggiore quando alla “trappola della conferma” si aggiunge quella del “falso consenso”, per cui credo che tutti la pensino esattamente come me. La trappola del falso consenso è un tipicamente indotta e sfruttata da movimenti come i no vax, per esempio, ma anche da movimenti politici. C’è un dato interessante: negli USA i genitori che si interrogano se vaccinare o meno il loro figlio prima che questo sia nato, hanno otto volte più probabilità di non vaccinarlo. Cosa significa? Significa che chi ha un dubbio va su Google o Facebook, si “documenta”, e rintraccia l’evidenza a favore della sua idea … sbagliata. Se la mia diagnosi cognitiva è corretta, si potrebbe dire che gli anti-vaccinisti inoculano innanzitutto “trappole mentali”.
La storia è fatta di congiure più o meno riuscite. Ma si è anche arricchita di una teoria complottistica. Lei ritiene sia possibile una spiegazione del complottismo dal punto di vista delle scienze della mente?
Rimaniamo sul caso dei vaccini perché particolarmente istruttivo anche per spiegare il meccanismo mentale che fa scattare la trappola del complottismo. L’autismo è solitamente notato dai genitori nel primo anno di vita per un ritardo di linguaggio, oppure al terzo per mancanza di sviluppo cognitivo o ritardo di apprendimento. Ovvero nel periodo in cui si fanno i vaccini e i loro richiami. Di fronte a una simile coincidenza, la mente umana ha un talento peculiare nel raggruppare l’informazione così da vedere una relazione anche dove non c’è (cadendo così nella trappola della “correlazione illusoria” o del “pensiero magico”). Attenzione, perché tracciare collegamenti, produrre uno schema, cercare le cause è una qualità evolutivamente utilissima per rispondere flessibilmente e dinamicamente a un ambiente complesso e in costante cambiamento in cui dobbiamo sopravvivere. Peccato però che la mente tenda spesso ad abusare di questa sua capacità. La convivenza con il caso può essere psicologicamente intollerabile. Ecco che non riusciamo a valutare con equilibrio una mera coincidenza. Lo stupore per l’occorrenza di due eventi rari – così pregnanti per la nostra immaginazione come vaccini e autismo – porta ad abbandonare la logica e le leggi della probabilità per rintracciare una causa e un effetto. Non possiamo farci nulla, è naturale, istintivo. Deve esserci una spiegazione, deve essere colpa di qualcuno: di Roberto Burioni o di Big Pharma!
Succede nella vita di tutti i giorni. E costituisce la base psicologica delle teorie complottiste. Tecnicamente si chiama “agency detection” (rilevazione degli agenti): una moderna caccia alle streghe che risponde all’esigenza umana, troppo umana, di incolpare qualcuno o qualcosa: l’Euro, il turbo-capitalismo, Soros, i migranti. Se non ci credete, chiedetevi come sia possibile che la gente cerchi un motivo anche per i numeri ritardatari al lotto!
I talk show sono pieni di questi “tiratori scelti” e presunti opinionisti che come un cow boy texano prima sparano con il fucile i suoi colpi sulla porta del fienile, poi disegnano attorno un bel bersaglio colorato, quindi invitano il pubblico per vantarsi della loro mira infallibile. Ci comportiamo anche noi così tutte le volte che isoliamo un gruppo di fatti fuori dal loro contesto, e ci costruiamo intorno un bersaglio, vale a dire li raggruppiamo in modo di ricondurre la “causa” solo a quel raggruppamento. Vedo tutti i bambini autistici vaccinati, ma ignoro tutti i bambini vaccinati non autistici (che sono ben di più). Ma ciò ha lo stesso valore nel provare un legame causale tra vaccini e autismo di quanto i fori sulla porta del fienile ne hanno nel dimostrare la buona mira del cow-boy. In breve, il caso ha delle ragioni che la ragione non vuole riconoscere; e per questo inciampiamo in letture della realtà che sono complottistiche, pregiudiziali, o perfino superstiziose o mistiche.
Oggi governano il nostro paese due partiti che alimentano i “bias” cognitivi. Cosa può fare la buona politica per aiutare i cittadini a migliorare e a migliorarsi?
La politica potrebbe rivolgersi agli straordinari risultati e applicazioni delle scienze comportamentali per una nuova arte del governo che tenga conto del reale comportamento dei cittadini e della possibilità di migliorarlo, avvicinando così l’economia alle scienze che davvero funzionano. Un’economia più umana e sperimentale e allo stesso tempo anche più aderente alla sua vocazione originaria di efficiente allocazione delle risorse scarse. Invece si assiste solo a un maldestro tentativo di servirsi delle scienze cognitive per sfruttare l’umana irrazionalità per scopi propagandistici.